lunedì 2 luglio 2007

I giovani e la comunicazione oggi

Il titolo sembra tutto un programma ma vi assicuro(per chi lo leggerà) che è veramente interessante sopratutto per la fascia d'età dei giovani(compresi i giovanissimi). Recentemente dopo l'esperienza della scuola di Intermediando tenutasi a Sassone vicino Roma, pubblico integralmente l'intervista fatta da me a Gianni Bianco, giornalista del TG3 "Primo Piano", in occasione della sua presenza in una delle giornate della scuola.

Innanzitutto grazie per avermi concesso questa piccola intervista, partiamo subito con le domande, la prima: Che rapporto c'è oggi tra i giovani ed i mezzi di comunicazione, in particolare la fascia d'età tra i 14 ed i 18 anni?
R. C’è un grande feeling con alcuni mezzi, apatia o disinteresse per molti altri. E’ questa la prima generazione che ha una competenza tecnica superiore a quella dei propri genitori. Messaggiare, downloadare, forwadare. E poi mp3, blog, chat, ipod, second life, you tube. C’è tutto un mondo che i ragazzi frequentano e che tiene fuori dalla porta i più grandi. In questo campo i ragazzi usano i media con grande efficacia e competenza. Non altrettanto fanno con altri mezzi, considerati sorpassati. Sono in fuga dai telegiornali, non li guardano più, non leggono quotidiani, tutt’al più si informano su internet. Questo credo sia il punto dolente: sono distanti da quel che avviene attorno a loro, alla lunga crescono perdendosi per strada un pezzo di mondo.

La televisione ed in particolare le reti non Rai puntano molto su programmi che amplificano la persona, che tendono a far uscire il bello (inteso fisicamente e non interiormente) per es: Uomini e Donne di canale 5. Secondo te che influsso hanno i media nelle relazioni di tutti i giorni di questi giovani o meglio giovanissimi?
R. L’influsso è indubbio, quelli sono gli unici programmi con pochi altri (quelli cult tipo le iene o amici) che i ragazzi guardano con costanza sulla tv generalista. La prima serata, soprattutto quella del sabato, compresi gli eventi alla Sanremo non li seguono più. Certamente quelle trasmissioni forniscono dei modelli, fanno pensare che il massimo della vita sia finire in tv, non importa se non si è capaci di fare nulla. Credo però che non sia tutta colpa di chi produce tali programmi. Manca una reale alternativa e se i ragazzi sono un target della pubblicità che li cerca e li lusinga, non altrettanto fa ancora la tv, compreso il servizio pubblico, per interessarli, per cercare di parlare il loro linguaggio.

La Rai dal canto suo in che maniera si è attrezzata, o cerca di differenziarsi?
R.
Talvolta fa l’errore di inseguire la concorrenza, spesso si fa condizionare dai format esterni, che ormai dettano legge, come dimostra la recente questione Endemol. Però prova anche a contrattaccare. Spesso il meglio va in radio: ci sono quelli di Caterpillar, divertenti ma mai banali. E non c’è dubbio che un personaggio come Fiorello sia in grado di parlare a quel tipo di pubblico, tra gli autori del programma cult del siciliano c’è anche un giovane in gamba, Federico Taddia, che fra l’altro conduce un ottimo programma per ragazzi che è Screensaver. E poi c’è il Gt ragazzi del Tg3 accanto ad altri programmi che cercano di parlare ai giovani, trattandoli da adulti.

Come diceva recentemente Padre Federico Lombardi incontrando i giovani di Net-One: "La Comunicazione è Comunione", cosa ne pensi?
R.
Dovrebbe essere quella la sua missione. Comunicare è portare un dono, cum munus. E se un dono è, non c’è dubbio che ha senso solo offrendolo ad altri, creando così comunione. Non sempre avviene. Spesso la comunicazione insegue le liti, crea fratture, si esalta nello scavare trincee tra varie posizioni. Ma ci sono tanti ottimi giornalisti che lavorano secondo coscienza.

In che maniera ci può essere comunione tra le persone e tra le realtà sia ecclesiali che politiche se la comunicazione oggi è più che altro opinionismo?
R.
La comunione la creano le persone. Al di là dei grandi fenomeni della comunicazioni di massa, al di là dei grandi scenari dei media, ci sono sempre individui, storie di singoli e di gruppi, che procedono come direbbe De Andrè, in direzione ostinata e contraria. Essere dentro il sistema dell’informazione, non vuol dire di fatto, essere incapaci di affermare i valori in cui si crede, vivendoli prima magari, proponendoli nel proprio lavoro di ogni giorno poi. La scoperta di questi anni è che, al di là della cultura di partenza, sono tante e diverse le storie che si incontrano sul terreno comune della professionalità, della reciprocità, della fraternità, della giustizia, della correttezza.

Concludendo e ringraziandoti ancora una volta per la tua disponibilità, ti chiedo infine come i giovani possono fare comunione e missione attraverso i media?
R.
Un blog, una Chat, un forum di per sé è una piazza, un luogo della rete aperto dove ci si può incontrare e reciprocamente arricchire. Sfruttare le risorse del web è già un primo passo. Per chi sente di voler lavorare nel mondo dei media, la missione è quella di prepararsi con scrupolo, praticando sul campo il mestiere, studiando, leggendo giornali, e non uno solo, anche quello che esprime una cultura che non condividi. Per esperienza ho visto che sono molto fruttuosi anche i luoghi d’incontro dove parlare dell’uso dei media, confrontandosi, smontando insieme uno spot, guardando in gruppo un programma, facendo cineforum. Il dibattito che ne scaturisce, spesso, è già un modo di passare dall’io al noi, un modo per accrescere la coscienza critica individuale e collettiva.

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